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UGOLINO DA BELLUNO - OLTRE IL BELLO

di Rinaldo Cordovani

Le lettere dell’alfabeto e i fumetti.

Giocava con le lettere dell’alfabeto e le disponeva a colori su una tela. Ne uscivano fuori delle frasi colorate, ma che si è costretti a leggere nelle varie direzioni: da sinistra o da destra o dall’alto in basso o diagonalmente o a piramide o a forma di onda del mare o del suono. Era convinto che la parola avesse in se stessa una forza comunicativa, che la forma e il colore potenziavano al massimo. Nel 1978 scriveva all’amico artista Dino Carlesi: “Basta credere nella Parola, basta celebrarla, festeggiarla con liturgia pittorica, com’è mia consuetudine, conferendo ad essa dimensioni di colore, di luce, di ritmo, di composizione e…il Verbo prenderà corpo e abiterà fra noi… Il Verbo è luce, il Verbo è presso Dio e il Verbo è DIO; e perché non potrebbe divenire pittura se lo spirito creatore è in noi e la parola, attraverso la magia del colore, degli spazi e dei segni, diventa immagine, recuperando quelle implicazioni visive che erano proprie nella sua iniziale fase pittorica?”.

Poi provò con i fumetti allora molto letti e li trasformò in opere d’arte. Progressivamente passò ad esprimersi attraverso il disegno su carta, su tela, su parete e poi con il legno, il vetro, il bronzo. Si servì anche della sabbia del mare per esprimere le sue idee.

P.Ugolino con un plastico della Chiesa dei Cappuccini di Leonessa 1997


L’affresco e il graffito

Su tutte le tecniche espressive ne preferì una: l’affresco graffito. Lo spiegò dicendo che era l’antico graffito “aggiornato con impasti di cemento policromo e materiali moderni. Una tecnica che della pittura ha la valenza del colore e del segno, e della scultura quella del sollecitare gli stimoli tattili, togliere il soverchio. Si tratta, insomma, di stendere l’intonaco sul muro e poi graffiarlo e dipingerlo”. Così che i suoi strumenti erano certamente i pennelli e il colore, ma anche molti punteruoli per graffiare il muro. Aveva studiato a Roma presso l’Istituto d’arte Beato Angelico e presso la Scuola d’Arti Orientali. I numerosi viaggi all’estero lo arricchirono della conoscenza artistica delle varie culture europee ed extra europee. Dalla conoscenza personale dei grandi maestri del tempo, quali Giorgio De Chirico e Gino Severini, ricevette suggestioni e apprese tecniche espressive. Da qui nacque in lui l’intuizione di realizzare il mosaico direttamente in opera, che gli donò “l’indicibile felicità – come dice lui stesso - di poter esprimere con il colore-materia le trascendenti certezze della fede”. Queste sue parole manifestano la ricchezza della sua vita interiore di uomo di fede, di francescano e di sacerdote. Era per lui una “indicibile felicità” esprimere con i segni e i colori dell’arte, il trascendente, le certezze e le speranze della fede.

Il furore della creazione

Padre Ugolino era un frate artista che, prima di fare il disegno su carta con la matita o il carbone, studiava molto, leggeva e meditava moltissimo, consultava persone esperte nei soggetti che intendeva realizzare. Ascoltava e prendeva appunti di ogni genere su questi argomenti, erano appunti scritti e disegnati.
Quando dipingeva sulle ampie pareti delle chiese, non conosceva fatica. Anche negli ultimi anni lavorava in posizione scomodissime per graffiare o dipingere le pareti, senza accusare dolori o fatica. Era impressionante veder nascere dalla sua mente l’opera d’arte che dalla sua mano vigorosa e sicura prendeva forma e colore; quasi non si pensava più all’uomo che creava materialmente l’oggetto d’arte; tanto si era presi, nel silenzio e nello stupore, dallo splendore della creatura che stava nascendo dalla sua mente e dalla sua mano.
Poi, certo, era esausto. E come sapeva gustare l’amicizia, la compagnia degli amici, un buon bicchiere di vino o un cibo saporito e ristoratore. Era una gioia degli occhi e dello spirito vederlo assaporare con squisito senso del piacere le cose belle e buone della vita. Spesso con una semplicità sconcertante.
Una lezione, questa della semplicità, che aveva appreso dal suo vicino di cella nel convento romano di Via Vittorio Veneto a Roma. Il vicino era padre Mariano da Torino, conosciuto come il frate della TV, notissimo in quegli anni. Padre Ugolino stesso ha confidato che uno dei consigli più frequenti che gli dava era: “Semplificare! Mi diceva di liberarmi di tutte le zavorre o pesi che rallentano il cammino verso la perfezione. E quello che trovavo sorprendente era il fatto che quella direttiva collimava con il principio stesso del mio fare e raffigurare in pittura”.
Una robusta ideazione, ancorata alle radici della fede cristiana e vissuta nella solarità francescana, è stata una costante della sua attività di artista, che ha saputo trarre dal tesoro del suo cuore e della sua mente, cose antiche e cose nuove, come dice il Vangelo.
La ricchezza della sua vita interiore, le profondità del suo essere francescano e sacerdote, sono espresse attraverso i segni e i colori dell’arte, che in lui è stata una insaziabile ricerca della comunicazione e della perfezione.



P.Ugolino al lavoro


Il colore e la luce

Una caratteristica ricorrente nella sua arte matura è l’immagine a colori in primissimo piano e, dietro di questa, un’altra o in pienissima luce o di colore oscuro. Voleva dire che la realtà della vita terrena è destinata ad essere insidiata dal male, ma approda alla pienezza della luce nell’eternità. Nel Santuario Madonna della Salute (1994-2000) di Porto di Legnago (Verona), ha situato al centro del catino dell’abside della chiesa “l’immagine-luce del Risorto, dinamicamente proteso verso l’alto, messo in rilievo dalle ombre oscure della Croce, dalle spine e dalla Morte simboleggiata dallo scheletro: “mors et vita duello conflixere mirando”. Cristo-Luce irradia davanti a sé i colori dell’iride, aureola di vita e di pace, segno di alleanza tra Dio e gli uomini, radiazione luminosa del Verbo che è “luce da luce, e luce d’eterna luce”.
Nella relazione per la decorazione absidale della chiesa Parrocchiale S. Andrea Apostolo di Pescara, a fianco del Cristo Risorto ha collocato Maria luminescente di stelle. Dietro Maria c’è l’ombra dell’orante, immagine della Chiesa. Nell’angolo in alto a sinistra di chi guarda, sotto la scritta si accenna “all’Onnipotente”. Con l’universo trapunto di stelle e la citazione del “credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra”, espresso graficamente, con piante, uccelli, mammiferi. Dopo il messaggio teologico, in basso in primo piano un omaggio floreale che dietro l’altare si unisce ai fiori reali che i fedeli porranno.
In queste sue confidenze artistiche sono accennati i grandi temi della spiritualità e dell’arte di padre Ugolino da Belluno, artista francescano e sacerdote: la spiritualità cristocentrica, la spiritualità mariana, la spiritualità ecclesiale e la familiarità con la gente umile, che davanti alle immagini sacre da lui dipinte o affrescate o arricchite dal mosaico, si ferma a pregare, accende un lume come segno di fede o porta un fiore per esprimere la propria devozione.


Terni. 2001. Padre Ugolino con Mikhail Gorbaciov che aveva ritratto nel graffito della chiesa del Sacro Cuore


Verso l’Assoluto

L’ultimo suo grande impegno artistico è stato il graffito della cripta di fr. Leopoldo da Alpandeire a Granada. Di questa vasta opera, scriveva: “Nel graffito ho messo in primo piano le immagini della vita di fr. Leopoldo, in secondo piano con proporzioni maggiori e con forte vivacità di colori, ho posto la proiezione trascendente, che è figurativa e interpretativa e innalza verso l’assoluto ciò che è relativo, al soprannaturale ciò che è naturale”. Questo è stato il frate artista cappuccino padre Ugolino: un uomo che oltre il visibile, scrutava l’invisibile; oltre il naturale, intuiva il soprannaturale; interpretava la realtà di ciò che gli occhi, l’intelligenza o il sentimento vedono e lo proponeva attraverso l’arte come segno indicativo dell’oltre. E’ stato un vero francescano e ha vissuto in pienezza lo spirito di san Francesco d’Assisi, il quale diceva che le creature portano “significazione” dell’Altissimo onnipotente bon Signore.

Viterbo 1983. L’artista con il senatore Giulio Andreotti


Hanno detto di lui:

* A mio modo di vedere, l’intero corpus delle opere di Ugolino altro non è che un poema all’amore, reso credibile dalla qualità poetica che lo sostanzia. Tanto che, mi si chiedesse di far definizione della sua opera, direi ch’essa rappresenta un moderno Cantico delle Creature; un cantico che giunge quale promessa di speranza nel buio di queste nostre inquiete stagioni (Carlo Munari).

* In diverse decorazioni il cappuccino ha felicemente coniugato la memoria delle stilizzazioni d’altri tempi, anche bizantine, con le stilizzazioni, i tagli e le concezioni spaziali dell’arte moderna, per cui antico e moderno procedono inscindibilmente a braccetto, con soluzioni che nel tempo si sono arricchite di intuizioni ed invenzioni espressive che solo un artista autentico come lui poteva escogitare (Giorgio Di Genova).

* Dalla sua arte nasce il senso di una letizia composta e serena, non d’animo triste propenso all’ex-voto, ma d‘artista a cui l’at¬to creativo sa donare gioia e sicurezza. Una letizia d’alto rango, che non teme la storia biblica o il dramma del quotidiano, tanto la sintesi sa farsi significante di cultura, di storia personale, di dominata drammaticità. La parola, allora, si fa davvero segnale di speranza per tutti” (Dino Carlesi).


                                                                                                                                                 Rinaldo Cordovani 2015


Padre. Ugolino, nato a Belluno nel 1919, al battesimo riceve il nome Silvio (Alessandri). Entra come novizio tra i frati Cappuccini romani nel 1936 e dopo gli studi liceali, filosofici e teologici, è ordinato sacerdote il 16 maggio 1943. Subito dopo intraprende gli studi negli Istituti e Scuole d’Arte a Roma, dove è sempre vissuto ed operato. I numerosi viaggi all’estero lo arricchiscono della conoscenza artistica delle varie culture. Il suo nome è presente in molti siti internet, sono state discusse alcune tesi di laurea sulla sua arte nelle università di Roma e di Napoli, le voci della sua bibliografia si aggirano sui 240 titoli, le sue opere, che vanno dall’affresco alle vetrate, al mosaico, alla scultura in bronzo, al graffito e alla serigrafia, sono diffuse soprattutto in Italia, ma anche all’estero (Liverpool, Birmingham, Tanzania, Granada). E’ morto a Roma il 24 maggio 2002.



Fiuggi Terme (Frosinone). Abside della parrocchia Regina Pacis